Come implementare l’open innovation nella propria azienda

La parola innovazione è alla base dell’economia, ma siamo sicuri di sapere che cosa realmente significa e tradurla in pratica? Si tratta di un tema delicato anche per professionisti del settore come manager, direttori generali, consulenti, ecc. ecc., per i quali si rivela sempre più necessario investire nella propria formazione in modo da riuscire a tradurre l’innovazione in azioni concrete.

Per un’azienda, oggi, praticare open innovation significa semplicemente avvalersi di idee e tecnologie esterne e mettendo, viceversa, a disposizione quelle prodotte internamente ma che non sono utilizzate per il proprio business.

Un concetto non semplice, oggetto di corsi avanzati come quelli che si possono trovare su https://www.lapetre.com/, dove è disponibile non solo un percorso di studio all’avanguardia ma anche riconosciuto e realizzabile comodamente online, secondo lezioni virtuali e webinar incentrati sulle best practice degli Standard ISO 56000.

In questo articolo parliamo proprio dell’open innovation e di come la sua conoscenza sia utile per migliorare gli standard di produzione (e di guadagno) della propria azienda.

Che cos’è l’open innovation

Non basta aver aperto un’azienda per ottenere il successo, è fondamentale riuscire a stare al passo con i tempi e investire sull’innovazione. Uno degli strumenti ottimali, in tal senso, risulta essere proprio la open innovation, un modello introdotto per la prima volta circa 20 anni fa dall’economista californiano Henry Chesbrough, la cui definizione è tutt’altro che semplice.

Possiamo intendere la open innovation, sostanzialmente, come un processo di innovazione diverso e opposto a quello dell’integrazione verticale, dove le attività interne portano allo sviluppo di prodotti e servizi commercializzati dall’impresa, la cui base è quella dei flussi di conoscenza in entrata/uscita dall’impresa. Questi ultimi sono realizzati attraverso l’uso di meccanismi monetari e non, diversi a seconda del modello di business scelto.

L’open innovation si basa, quindi, sui rapporti di flussi di conoscenza che risultano attivati nelle interazioni tra le aziende. Al centro c’è lo scambio di idee e meccanismi del mercato, collaborazioni tra cervelli interni ed esterni all’azienda. L’obiettivo è quello di creare un valore aggiunto per l’azienda e di migliorarne il posizionamento sul mercato.

Le due tipologie di open innovation

L’open innovation si trova declinata in due tipologie:

  • Open innovation outside-in. Il processo avviene secondo un flusso che va dall’esterno all’interno. Questo tipo di innovazione necessita un’apertura verso l’esterno, ovvero nell’ambito accademico e/o in quello imprenditoriale. Si tratta della formula principale e più diffusa di open innovation.
  • Open innovation inside-out. Il processo segue un flusso che parte dall’interno ed è orientato verso l’esterno. Ogni impresa presenta al suo interno delle conoscenza che sono poco utilizzate o non impiegate affatto. La loro uscita all’esterno, attraverso la messa a disposizione a chi, invece, fanno comodo per sviluppare la propria attività e i modelli di business, è il fulcro di questa tipologia di open innovation. Meno utilizzata della precedente (e spesso anche poco considerata da parte delle imprese) rappresenta una risorsa da non sottovalutare.

Come fare open innovation oggi

Fare open innovation risulta indispensabile anche per chi decide di avviare un’attività all’estero ad esempio in USA, dal momento che permette di acquisire quegli strumenti in grado di garantire la giusta spinta propulsiva all’interno del mercato di riferimento.

La Open Innovation è un modello diffuso ormai non solo negli Stati Uniti, dove abbiamo visto è nata, ma in tutto il mondo, compresa l’Italia. La sua attuazione si esprime in primo luogo attraverso pratiche come crowdsourcing, collaborazioni con start up e/o università, user innovation, soluzioni di tipo parziale dal momento che il vero scopo della open innovation è quello di ridefinire i processi aziendali e i profili lavorativi.

Si tratta, quindi, di una pratica che ha uno sguardo sia di tipo micro sia macro e che se attuata con efficacia comporta il fatto di poter ottimizzare i processi aziendali, portando un cambiamento di tipo culturale nella realtà economica.

Semplicemente, con l’open innovation un’azienda ha, grazie all’accesso alle innovazioni più interessanti per il proprio business disponibili in quel preciso momento sul mercato, la possibilità di effettuare un rapido time to market. In un’epoca di incertezza economica come quella attuale, ma anche densa di stimoli e sfide visto lo sviluppo delle moderne tecnologie, digitali e non solo, conseguire pratiche di open innovation rappresenta un valore aggiunto cruciale per le aziende. La sua gestione risulta, pertanto, fondamentale.

Verso il Recovery Plan

Farsi trovare pronti per la gestione dell’open innovation, oggi, significa anche poter approfittare delle opportunità offerte dai fondi europei in arrivo con il Recovery Plan. L’Italia è tra i Paesi ad aver ricevuto più aiuti, complice l’impatto importante che ha avuto la pandemia non solo dal punto di vista sanitario, attualmente sono circa 140.000 i morti che si sono registrati a causa del Covid-19, ma anche economico.

Per le aziende si tratta di un’occasione per innovarsi unica e irripetibile capace di dare frutti importanti per anni. Questo, naturalmente, a patto di conoscere i meccanismi dell’innovazione e della open innovation in particolare. Motivo in più per investire nella formazione anche per quanto riguarda l’innovazione.